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I componenti dello Studio Legale Simeone sono accomunati prima di tutto dalla vocazione a svolgere questa professione che riteniamo la più bella ed esaltante tra tutte. Lo studio e l'abnegazione seria e convinta sono alla base dei nostri successi.
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News & Pubblicazioni

Usura e Gioco d'Azzardo: l'impegno dei Comuni
e della società civile.
Da Bari, 26 settembre 2014 - intervista di Luigi Bramato
In via dei Gesuiti numero 20 ha sede la Fondazione Antiusura “San Nicola e Santi medici” di Bari (http://www.fondazioneantiusurabari.it/). La guida Monsignor Alberto D’Urso insieme ad un gruppo di circa cinquanta volontari, impegnati a vario titolo nel contrasto all’usura e al gioco di azzardo. In una precedente intervista (http://luigibramato.wordpress.com/2014/07/22/un-inferno-chiamato-usura/) ho avuto modo di visitare dal di dentro la Fondazione, scoprendone gli obiettivi, le difficoltà e i risultati raggiunti. Oggi, a distanza di circa un anno da quel mio primo incontro con Don Alberto, sono tornato in via dei Gesuiti per incontrare l’avv. Attilio Simeone, consulente legale della Fondazione.
Attilio, ieri abbiamo parlato del documentario “Vivere alla Grande” insieme al regista Fabio Leli: perché la Fondazione ha deciso di appoggiare questo progetto?
- La Fondazione Antiusura S. Nicola e SS. Medici ha la sua sede nel cuore della città vecchia di Bari, dal 1995 promuove il contrasto all’usura e al gioco d’azzardo legale ed illegale. Nel 1996 una intuizione di Mons. D’Urso ha fatto sì che a Bari potesse nascere anche la Consulta Nazionale Antiusura che raggruppa tutte le Fondazioni regionali antiusura e che ha il precipuo compito di dialogare con le Istituzioni a qualunque livello al fine di approntare un’azione unitaria su tutto il territorio nazionale. Forti del successo del Cartello “insieme contro l’usura” che nel 1996 portò all’approvazione della Legge antiusura n.108/96, nel 2012 ha costituito il Cartello “Insieme contro l’Azzardo” affidandomi il coordinamento nazionale. Aderiscono al Cartello numerosissime realtà nazionali come la Caritas, il Forum delle Famiglie, AND in rete, l’Associazione Nazionale dei Genitori delle Scuole Cattoliche, le Comunità di terapia Giovanni XXIII, l’Adiconsum, SOS Impresa e tante altre anche a carattere territoriale per un totale di circa 500.000 volontari impegnati. Da una recentissima ricerca, estesa a tutte le 28 Fondazioni antiusura presenti in ogni Regione d’Italia tutte aderenti alla Consulta Nazionale Antiusura, è emerso che su 10 casi di usura, ben 4,6 sono da ricondurre al gioco d’azzardo. Non si può avere una legge antiusura (L. 108/96) di contrasto al fenomeno delittuoso dell’usura e che mette a disposizione ingenti somme di denaro per poi incentivarne la proliferazione attraverso il gioco d’azzardo anche legale. In questo lo Stato è complice dell’usuraio preparandone il terreno… Ecco, il progetto documentario denuncia “Vivere alla Grande” ci è sembrato impostato in questa direzione. La sensibilità del regista Fabio Leli ci ha convinto a sostenerlo anche durante tante presentazioni al pubblico. In generale, la Fondazione promuove ogni tipo di progetto che metta al primo posto la centralità dell’uomo, in fondo l’usura e il gioco d’azzardo sono solo l’effetto di relazioni umane e sociali compromesse, sono le nuove periferie esistenziali di cui tanto ci parla Papa Francesco. Lì dove c’è una famiglia “sana”, difficilmente si annida il tarlo della scommessa. Lì dove c’è una famiglia solidale, è quasi impossibile che vi possa fare ingresso l’usuraio. Ciò interpella, quindi, le coscienze di tutti, tranne quella di uno Stato sempre meno laico, nel senso più autentico, e sempre più laicista alla totale mercé di lobbisti che si aggirano nelle stanze del potere dettandone l’agenda.
Come ti spieghi, invece, il silenzio delle Istituzioni?
- La risposta va analizzata a vari livelli. Non tutti i livelli istituzionali sono silenziosi, solo quelli foraggiati dalla lobby dell’azzardo. La politica nazionale sul tema è profondamente ipocrita. Mi capita spesso di organizzare o di partecipare a convegni nazionali presso il Parlamento italiano. Molti politici di spicco partecipano e si lanciano in dichiarazioni impegnative estremamente favorevoli ad una decisa regolamentazione del gioco d’azzardo legale, salvo, poi nella propria Camera di appartenenza votare contrariamente. Ricordo la vicenda dello sconto riconosciuto alle concessionarie dell’azzardo per l’evasione fiscale accertata dalla Guardia di Finanza per circa 98 mld di euro. Bene, in quella circostanza, moltissimi di quei parlamentari conosciuti nei convegni itineranti sul tema votarono favorevolmente o nella migliore dell’ipotesi si astennero, dando sostanzialmente un voto favorevole allo sconto. Mi è anche capitato di ricevere l’invito a presentare un libro sull’azzardo “scritto” da noto parlamentare che ha condannato senza “sconti” lo Stato per la scellerata scelta di una diffusione di massa, salvo il fatto che qualche mese prima si era dichiarato favorevole allo sconto. Pensando di invitare un personaggio compiacente, alla mia richiesta, ovviamente sarcastica, su quale fosse il compito di un parlamentare oltre a scrivere libri evidentemente per fare profitto, sono stato tacciato di essere un grillino. Ovviamente non mi sono sentito offeso, ma credo che l’intento di speculare sulla disgrazie altrui, perché questo è ciò che in molti casi accade, sia stato fortemente arginato. Il pubblico propendeva dalla mia parte e con buona pace di tutti quel libro credo sia solo nella libreria di quel parlamentare. A livello locale, invece, vige l’ignoranza, la paura e quindi il disimpegno. Non è certamente un caso che l’impulso più forte sia arrivato dalla Regioni che si pongono, in termini di accaparramento e stabilità del consenso e di responsabilità, equidistanti rispetto allo Stato, troppo impegnato a compiacere le lobbyes, e ai Comuni, che troppo spesso devono resistere nei giudici dinanzi ai TAR e quindi sono, ingiustamente ed immotivatamente, spaventati. Le leggi regionali rappresentano la via maestra, anche in termini di “protezione” dei regolamenti comunali.
Il documentario affronta e spiega le diverse fasi del processo che alimentano il gioco di azzardo: si tratta di affabulazione o di truffa legalizzata?
- Si tratta di un grandissimo affare per pochi camuffato dall’esigenza di cassa per lo Stato che nei fatti nemmeno esiste. Del giro di affari di circa 90 mld di euro all’anno, lo Stato nel 2013 ne ha incamerato poco più di 7 mld. Lo Stato ci perde! Perde in termini di mancati consumi per un gettito di IVA che supera i 20 mld all’anno, di conseguenza perde in termini posti di lavoro per circa 250.000 unità all’anno, all’economia reale vengono sottratte circa 70.000.000 di giornate lavorative all’anno (tempo mediamente passato dagli italiani giocatori davanti ad una slot machine), perde per circa 6 mld di euro che rappresentano i costi sociali e sanitari impiegati direttamente e indirettamente per la cura dei soggetti patologici. Certamente sotto alcuni aspetti potrebbe configurarsi anche una truffa. Penso al gratta e vinci ad esempio. Lo Stato per ogni serie di biglietti prodotti conosce esattamente l’entità dei premi ed il numero degli stessi, eppure, una volta pagati tutti i premi, perché non ritira i restanti biglietti dal mercato, dal momento che sa benissimo che non c’è alcunché da vincere? In questo la pubblicità svolge un ruolo fondamentale, non a caso sul punto lo Stato impone ai concessionari ingenti investimenti. Il continuo martellamento su tutti i mass media, con l’ausilio di personaggi famosi dello spettacolo e dello sport, che nella fattispecie essendo già estremamente ricchi mostrano tutto il loro cinismo ed il dispregio per il genere umano, fanno sì che la stessa possa acquisire il requisito dell’ingannevolezza. La crisi occupazionale e la mancanza di filtri culturali, capaci di un atteggiamento critico dello spettatore consumatore fanno il resto. Così si spiegano circa 70 milioni di giornate lavorative che l’azzardo ha tolto all’economia reale nel 2013, un consumo medio in azzardo di oltre 85 mld di euro negli ultimi anni, l’aumento del 10% delle separazioni coniugali causate dall’azzardo, l’aumento delle violenze in famiglia e più in generale verso le donne e le persone indifese (anziani uccisi per poche centinaia di euro e bambini abbandonati nelle auto), l’aumento dei furti anche tra i famigliari e i colleghi di lavoro, l’aumento dei licenziamenti causati dall’azzardo (cfr. ad es. notizie di cronaca di direttori di istituti bancari che rubano soldi dai conti correnti dei contribuenti), il conseguente appesantimento del carico giudiziario dei Tribunali, ecc… Se tutto questo è affabulazione o truffa legalizzata, poco importa! Uno Stato laico che si rispetti, ragiona e sceglie il meglio per i propri cittadini. Sostenere, quindi, che l’azzardo è un gioco, mi sembra davvero paradossale.
Che responsabilità ha, in questo, lo Stato?
- Sant’Agostino, profondo studioso del diritto, amava affermare che: “Se una legge è ingiusta, semplicemente non è una legge!”. Certamente si è allargata la forbice tra legalità e giustizia che al contrario dovrebbe quantomeno tendere alla coincidenza. Tutta la legislazione sul gioco d’azzardo è improntata sul c.d. “gioco responsabile” nel senso che lo Stato chiede al cittadino di essere responsabile delle proprie azioni, lavandosi la coscienza con l’avviso che il gioco può causare dipendenza reclamizzato come se fosse una medicina da assumere secondo le indicazioni del proprio medico curante. Peccato però che tale avviso, secondo le intenzioni dell’”illuminato” Legislatore, dovrebbe sortire effetti anche nei confronti dei giocatori patologici verso i quali non viene approntata alcuna tutela tantomeno verso i loro familiari che di fatto soffrono i riflessi negativi della patologia in termini di relazioni ed economici. Tanto per essere più chiari, è come se lo Stato per contrastare la diffusione di massa di uso di droghe dicesse ai soggetti dipendenti: drogati ma fallo responsabilmente! Da uno studio effettuato dall’associazione “AND in rete” (Associazione Nazionale contro le Dipendenze) che ha sede a Varese e che aderisce al Cartello “Insieme contro l’Azzardo”, emerge che per ogni giocatore patologico, ci sono altri sei soggetti che ne soffrono i riflessi negativi tra famigliari, parenti, amici, colleghi e datori di lavoro. Il dato è purtroppo confermato anche dall’Associazione SOS Azzardo con sede in Udine e guidata dal dott. De Luca, il quale ebbe la cortesia di inviarmi delle sue raccolte di storie e al contempo di avvertirmi che nessun giocatore può essere curato al di fuori del coinvolgimento attivo dell’intera famiglia nel percorso terapeutico. A Bari l’Associazione Giocatori Anonimi fa tanto, ma non basta, serve uscire dall’anonimato e farsi aiutare da esperti. In questo senso devono essere lette tutte le sentenze della Corte europea di Giustizia, così come le Raccomandazioni della Commissione europea che da tempo “invitano” lo Stato italiano ad approntare una seria regolamentazione del gioco d’azzardo con particolare riferimento al gioco d’azzardo on-line che costituisce la vera sfida per le istituzioni di ogni livello al fine della tutela delle fasce sociali più deboli. Lo Stato italiano, invece, procede al contrario, riduce i poteri delle Questure e delle Prefetture in merito ai controlli sui soggetti titolari delle concessioni e sulla possibile presenza di soci occulti (cfr. la certificazione antimafia per il rinnovo dell’autorizzazione si fa in autocertificazione!!!), riconosce un regime fiscale particolarmente agevolato alla tassazione sui giochi (cfr. ci sono giochi che vengono tassati allo 0,04%), riconosce sconti sui debiti fiscali e sulle relative sanzioni amministrative (cfr. sull’evasione di 98 mld di euro ci fu una sanzione di 2,5 mld confermata dalla Corte dei Conti poi ridotta a 600 mln dei quali sono stati incamerati dallo stato circa 300 mln mentre il saldo verrà pagato dai cittadini, anche quelli che non hanno mai giocato, mediante l’aumento delle accise sui carburanti), non concede ai Sindaci, che sarebbero ben lieti di farlo, la possibilità di un controllo diretto sulle sale d’azzardo al fine di tutelare le fasce sociali più vulnerabili, non garantisce ai Monopoli dello Stato, che dipendono dal Ministero dell’Economia, personale sufficiente per un controllo capillare su tutto il territorio nazionale, ecc…
Cosa possono fare le Amministrazioni Comunali per marginare questo fenomeno?
- I Comuni possono fare tanto, anzi tantissimo. Non credete ai Sindaci che dicono che non hanno poteri, sperano solo che qualcuno (livelli istituzionali più elevati) se ne occupi al loro posto! Ricordo la vicenda del Comune di Verbania che perse la causa per aver imposto limitazioni di orario alle sale da gioco e condannato al risarcimento del danno. Ebbene, il sindaco, che partecipava con me ad un dibattito televisivo sul tema, tuonava contro la sentenza del TAR che aveva annullato il regolamento. Peccato però che il Comune in quella circostanza scelse di non costituirsi nemmeno in giudizio… Perché non lo fece? Semplicemente perché il regolamento era stato adottato dall’amministrazione precedente uscente dello schieramento politico opposto … Semplicemente assurdo!!! Innanzitutto le amministrazioni dovrebbero agire fuori dagli schemi di appartenenza politica e avere come uno obbiettivo la tutela del c.d. bene comune che fondamentalmente è la declinazione di una società più giusta. Devono procedere con cognizione scientifica, costituendo innanzitutto una equipe di esperti (sociologi, giuristi, psicologi, psichiatri e associazioni più rappresentative) chiamata in primis ad analizzare e capire l’incidenza del fenomeno nel tessuto sociale ed economico della città e del territorio. Successivamente e nel caso si avverta, quindi, l’esigenza di intervenire secondo indicatori oggettivi rilevati dalla commissione di esperti, il risultato dello studio deve essere di pari passo traslato nei conseguenti provvedimenti amministrativi. Solo così i Regolamenti comunali saranno inattaccabili dinanzi agli Organi giudiziari e potranno esplicare la loro forza anche impositiva se necessaria. Questa è l’indicazione principale contenuta in tantissime sentenze dei Tribunali amministrativi regionali nonché nelle più recenti sentenze del Consiglio di Stato. Particolarmente interessante è la sentenza della Corte costituzionale n. 300/2011 con la quale gli ermellini hanno riconosciuto agli Enti locali l’obbligo di intervento anche immediato al fine di tutelare i minori e i soggetti maggiormente vulnerabili riconoscendone la preminenza rispetto alla materia strettamente legata alla concessione di competenza esclusiva dello Stato.
La città di Bari, da questo punto di vista, come si sta muovendo?
- L’amministrazione comunale in uno dei Consigli di maggio del 2012 ha approvato all’unanimità un Ordine del Giorno col quale si è schierata contro la diffusione oltre ogni limite dell’azzardo nella città. È stata riconosciuta l’opera della Fondazione antiusura e dei comitati di cittadini sorti spontaneamente. Recentemente, in campagna elettorale, l’attuale sindaco dr. Decaro, ha annunciato che, in caso di successo, avrebbe adottato il Regolamento nei primi cento giorni. L’impegno non dovrebbe essere particolarmente gravoso dal momento che la Regione Puglia, sensibilizzata più volte dalla Fondazione antiusura chiamata a relazionare in Commissione affari sociali nonché dal Consiglio Pastorale Diocesano con uno storico documento fatto pervenire a tutti i Consiglieri regionali, ha adottato nel dicembre scorso una legge regionale di regolamentazione che vede tra i provvedimenti più incisivi fissare una distanza minima di 500 mt dai centri sociali (parrocchie, scuole, oratori, ecc…) delle sale di azzardo. Ciò anche in fase di rinnovo dell’autorizzazione. In più, il Consiglio dei Ministri recentemente, incalzato da alcune concessionarie, ha deciso di non porre la questione di legittimità costituzionale delle leggi regionali. Come Fondazione impegnata da anni a curare le ferite di molte famiglie baresi, ci aspettiamo di essere invitati quanto prima per offrire un nostro contributo e approntare un intervento decisivo secondo lo schema innanzi evidenziato e sperimentato con successo anche in altre realtà territoriali del nostro Paese.
E i cittadini, nel frattempo cosa potrebbero fare?
- Seguire l’esempio del Comitato dei genitori della scuola Marconi e di tutti i residenti del quartiere San Cataldo sorto dall’iniziativa di alcuni cittadini più sensibili e affiancati dalla Fondazione antiusura. Per me questa esperienza è stata tra le più edificanti. Senza una legge regionale, senza un regolamento comunale e solo spinti dalla voglia di vivere in un ambiente più consono all’educazione dei loro figli, sono riusciti a far chiudere una sala da gioco d’azzardo. È stata certamente emblematica la raccolta di firme messa in atto dinanzi all’entrata della sala. Raccolte oltre 2000 firme, hanno inoltrato una petizione alle Istituzioni di ogni Ordine e Grado. Onestamente, dall’allora Sindaco di Bari, ci si aspettava maggiore considerazione. I genitori non avevano chiesto esplicitamente un atto d’imperio al Sindaco, avevano chiesto innanzitutto luoghi di socializzazione rilevando come nel quartiere San Cataldo di fatto non ci fosse una piazza attrezzata con giochi e intrattenimento per i ragazzi. Ecco, a mio avviso i cittadini devono seguire questo positivo esempio, non aspettare che la soluzione venga calata dall’alto. In questo senso vedo una grande responsabilità non assolta dalle classi sociali più colte che preferiscono iscrivere i loro figli nelle scuole apparentemente più sicure e ai circoli sportivi privati a pagamento non sapendo che anche questi luoghi possono essere circondati dal degrado col quale i loro figli presto o tardi dovranno confrontarsi. Per concludere faccio mia una bella frase di Roberto Benigni che pronunciò in una trasmissione televisiva di qualche anno per sottolineare l’esigenza dell’impegno civico da parte di tutti ebbe ad affermare che: “Questo mondo non ci è stato lasciato in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli”. Questa è la motivazione che anima quotidianamente la mia vita personale e professionale e di tanti volontari della Fondazione antiusura che, pur sacrificando il proprio tempo, hanno a cuore il perseguimento del bene comune.
Avv. Attilio Simeone
(Coordinatore Nazionale Cartello “Insieme contro l’Azzardo” – Consulta Nazionale Antiusura)
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Usura: sempre più famiglie nella trappola di slot machine, videopoker e scommesse.
Da Radio Vaticana, 6 marzo 2013 - intervista di Massimiliano Menichetti
Il 50% dell’usura è riconducibile al "mondo delle scommesse". E’ la denuncia del cartello “Insieme contro l’azzardo” realtà nata in seno alla Consulta nazionale antiusura. Per l’associazione, slot machine, poker on-line, scommesse legali e clandestine stanno impoverendo le famiglie italiane, provate duramente dalla crisi economica. Il cartello punta il dito contro le pubblicità ingannevoli che mostrano vincite facili e diffuse, parla di immoralità costituzionale del gioco d’azzardo e chiede leggi che tutelino le famiglie. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dell’avvocato Attilio Simeone, coordinatore nazionale del cartello “Insieme contro l’azzardo”:
R. – Secondo i nostri dati, su 10 casi di usura accertata 4,6 sono da ricondurre al gioco d’azzardo. Quando parlo di usura accertata, mi riferisco a procedimenti penali che sono in corso nei confronti degli usurai. Per cui, il fenomeno non può che preoccuparci tantissimo.
D. – Paradossalmente, in un momento di crisi economica si ricorre di più a queste strategie per tentare di far fronte a difficoltà…
R. – Certamente. Accade anche che gli utenti siano continuamente tartassati dalla pubblicità, che noi definiamo ingannevole, che induce alle scommesse, a tentare la "dea bendata", che 99,9 volte su 100 però non bussa all’uscio della propria porta. Questo fenomeno è diventato una malattia collettiva, una malattia sociale. Basti pensare che oggi in Italia ci sono un milione e mezzo di giocatori d’azzardo patologici e, per ogni giocatore d’azzardo, ci sono altri 6 soggetti tra familiari, amici, colleghi di lavoro, che soffrono i riflessi negativi del gioco d’azzardo. Quindi ci sono 9 milioni di italiani che sono seriamente coinvolti in questa realtà. Italiani che vivono di un’economia domestica - l’unica che oggi ha la capacità di reggere la crisi economica - seriamente compromessa.
D. – Un altro aspetto che voi ribadite è quello dell’immoralità, un criterio che è desunto dalla stessa Costituzione?
R. - La Costituzione quando parla di impresa sottolinea che essa deve avere una sua utilità sociale. Con queste parole, “utilità sociale”, di matrice prettamente cattolica, cristiana, lo Stato italiano, in maniera però del tutto laica, riconosce dignità a quel di tipo di attività. Questo elemento costitutivo invece con il gioco d’azzardo viene seriamente compromesso. La Corte costituzionale, in usa sentenza del 1975, affermò che l’impresa del gioco d’azzardo è priva di utilità sociale, per cui non può essere presa in considerazione dalla nostra Carta costituzionale. Ora, sembra che tutto questo si sia sovvertito.
D. – Il decreto Balduzzi, nel 2012, per la prima volta, ha avuto il coraggio di scrivere in una legge sul “gioco d’azzardo patologico”. Ma la strada è ancora lunga…
R. – E’ altrettanto vero che non ha avuto il coraggio fino in fondo di affrontare tutti i temi che sono connessi al gioco d’azzardo. Mi riferisco alla pubblicità, parlo del collegamento con una legge efficace per risolvere il sovraindebitamento delle famiglie… In pratica, secondo la legislazione attuale le famiglie che cadono nell’usura oggi non possono godere di aiuti, perché la norma prevede che i proventi previsti dallo Stato sono a disposizione solo delle imprese vittime del fenomeno. Questa è naturalmente un’aberrazione giuridica, nonché presenta un forte profilo di illegittimità costituzionale dell’articolo 14 della legge 108 del ’96, la legge antiusura, che necessariamente oggi deve essere rivista.
Avv. Attilio Simeone
(Coordinatore Nazionale Cartello “Insieme contro l’Azzardo” – Consulta Nazionale Antiusura)

Gioco d’azzardo: scendono in campo i “funzionari senza divisa”, mentre i “diritti dei senza potere” continuano a soccombere.
DA BARI, 19 dicembre 2012
È come un fulmine a ciel sereno, proprio quando la politica cerca camaleonticamente di rifarsi il look per apparire gradevole agli occhi di un elettorato sempre più impreparato a decifrarne i contenuti, ecco che in una notte due notizie rischiano di vanificare tutti gli sforzi fatti dalla società civile di migliorare le condizioni di vita e di salute di oltre 1.000.000 di giocatori compromesse quasi irrimediabilmente dal Gioco d’Azzardo Patologico (GAP). Entrambe lasciano un forte amaro in bocca accompagnato da un profondo senso di nausea. La prima è che la Commissione Bilancio del Senato al buio della notte e lontana (pensavano…!!!) dagli occhi indiscreti ha approvato per mano decisiva di due senatori del Pdl (Gilberto Tommaso Pichetto Fratin e Anna Bonfrisco) e che magari durante il giorno sarebbero disposti ad affermare l’esatto contrario, un sub emendamento al Decreto Milleproroghe che di fatto accelera l’istituzione delle c.d. poker live; la seconda, ancora più “sconcertante” viene dalla “terza camera del parlamento” Porta a Porta che nella puntata del 18 dicembre ha ospitato Silvio Berlusconi, il quale, pensando di far cosa gradita agli italiani, ha annunciato che, in caso di sua vittoria alle prossime elezioni, toglierà l’IMU sulla prima casa compensando il mancato introito ricorrendo anche a “nuove disposizioni sui giochi pubblici, nuovi giuochi, nuove lotterie e modalità di gioco del lotto” per un importo complessivo stimato pari a €.1.800.000.000,00. Seppur meritevole alleggerire il peso della tassazione soprattutto sulla prima casa divenuto insostenibile, ma fare ciò ricorrendo al gioco d’azzardo ci sembra quanto meno inquietante eufemisticamente. Con oltre 1.000.000 di giocatori patologici e con altri 6.000.000 di persone, tra familiari e amici, che ne soffrono i riflessi negativi, come si può pensare di aumentare le entrate fiscali ricorrendo a nuovi giochi e nuove lotterie? Ciò che Berlusconi ha annunciato, alcuni suoi politici lo hanno già fatto nella notte scorsa in Commissione Bilancio del Senato. Aumentare le entrate erariali senza aumentare la tassazione su giochi esistenti (Poker cash tassato allo 0,6% - Giochi da casinò on-line allo 0,1%) vorrà dire che il consumo degli italiani in azzardo dovrà stabilizzarsi tra 120 e 130 miliardi all’anno. Semplicemente scandaloso! Quindi da un lato il “pater familias” toglierebbe l’IMU dalla prima casa salvo prelevare diversamente una cifra certamente maggiore dalle tasche degli italiani solo di quelli però che giocano, determinando, così, un aumento vertiginoso dei giocatori patologici oltre che disastri sociali ed economici delle loro famiglie. Gli interessi nel settore dell’azzardo del “cavaliere” sono noti, così come noti sono gli interessi anche di altri politici dello schieramento opposto! A giudicarla a caldo la notizia sembrerebbe che alcuni funzionari senza divisa vogliano compiacere il “capo” magari per assicurarsi un posto privilegiato nelle prossime liste e listini consentite dal c.d. porcellum. Nonostante, amiamo pensare che ciò non sia possibile e che sia da attribuire allo sbalordimento di un fulmine a ciel sereno, che vengano prima i diritti dei più deboli, dei “senza potere”, contro le logiche affaristiche delle lobbie. Completamente sconfessato quindi tutto un mondo, quello del volontariato, fatto di oltre 500.000 mila italiani (associazioni che fanno capo al Cartello “Insieme contro l’Azzardo” e alla Consulta Nazionale Antiusura) che ogni giorno cercano di combattere questa nuova subdola dipendenza e che chiede alla politica di non peggiorare lo status quo se proprio non riesce a fare qualcosa per rendere migliore il futuro dell’Italia e degli italiani.
Avv. Attilio Simeone
(Coordinatore Nazionale Cartello “Insieme contro l’Azzardo” – Consulta Nazionale Antiusura)
Gioco patologico, allarme separazioni
La denuncia di "Insieme contro l’azzardo": 1 su 10 è causata da un coniuge "compulsivo"
DA MILANO VITO SALINARO (da Avvenire del 12 dicembre 2012)
«La nostra impresa familiare ci ha sempre consentito di vivere agiatamente. Ma a un certo punto mi sono ritrovata in una tale ristrettezza economica da non poter fare neanche la spesa. Mio marito non mi parlava, mi sfuggiva. A un certo punto l’ho costretto a rivelarmi la causa delle nostre difficoltà. Mi ha confessato che stava dilapidando tutto nel gioco d’azzardo. Attività commerciale, casa, conto bancario, ha sacrificato persino le catenine d’oro dei nostri figli. L’ho sbattuto fuori di casa e gli ho tolto le chiavi. Ora voglio la separazione ». La testimonianza di Claudia, 39 anni, colpisce profondamente persino un avvocato dalla consumata esperienza come Attilio Simeone che, nelle vesti di coordinatore nazionale del Cartello 'Insieme contro l’azzardo' – che aderisce alla Consulta nazionale antiusura –, ne ha viste e sentite di «tutti i colori». «Claudia – dice – è entrata nel mio studio dopo aver trascorso 6 anni di inferno in cui ha assistito a una vera e propria trasformazione da parte dell’uomo che ha sposato e che le ha sempre nascosto la sua malattia.
Quell’uomo fa parte di un esercito di quasi un milione di italiani affetto da gioco d’azzardo patologico e che sembra interessare molto poco al nostro governo ». Ma sulla scrivania dello studio di Simeone, a Bari, non ci sono solo le testimonianze come quella di Claudia. C’è un dossier che fa tremare i polsi. Perché indica che il 10% delle separazioni nel nostro Paese è causato proprio dal gioco d’azzardo di cui soffre uno dei due coniugi e di cui si è discusso ieri nel convegno su gioco d’azzardo e usura, organizzato dall’associazione Anteas di Toritto (Bari), con la partecipazione della Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici, di 'Insieme contro l’azzardo' e del Comune barese.
«Di questo 10% – spiega Simeone –, l’80% è costituito da ricorsi di separazione introdotti soprattutto da donne che, sfinite dai reiterati comportamenti compulsivi dei mariti, decidono di buttare la spugna rivolgendosi al tribunale anche per porre un argine alla devastazione sociale ed economica che un giocatore patologico ha la capacità di determinare in ambito familiare e lavorativo». Ma quell’80% non è da assumere in termini assoluti perché sempre più donne giocano ('gratta e vinci' e slot machine su tutto); un dato che, evidenzia Simeone, darà presto i suoi effetti in termini di separazione coniugale. Ma il legale sottolinea anche che, «trattandosi di una patologia strettamente connessa, se non proprio indotta, da difficoltà economiche dovute, nella migliore delle ipotesi, alla perdita del posto di lavoro magari già precario, la percentuale dell’80% è più che 'giustificata' dal fatto che in molte parti d’Italia, in special modo al Sud, è ancora l’uomo l’unico percettore di reddito che, trovandosi in difficoltà lavorative, è tendenzialmente portato a tentare la dea bendata più della donna».
Un aspetto su tutti, nella triste sequenza di litigi e di declini familiari, è, a giudizio di Simeone, «socialmente rilevante»: quasi tutte le coppie arrivano alla separazione senza aver fatto prima un serio tentativo di risoluzione del problema. «Nessuno si è mai recato da un esperto o da un sacerdote – ammette l’avvocato barese – per capire innanzitutto che il gioco d’azzardo patologico è una ma-lattia, una dipendenza dalla quale da soli non si arriva lontano. E della quale è complice lo Stato che, incentivando il ricorso all’azzardo quasi fosse una risoluzione a tutti i problemi esistenziali ed economici, non fa altro che impedirne una vera consapevolezza sociale». Insomma, è questo il cambiamento di rotta che il Cartello 'Insieme contro l’azzardo' chiede sia posto in essere: il giocatore incallito è un malato. Dunque, i giudici «dovranno cominciare a considerare l’aspetto patologico del gioco, che offusca provvisoriamente la capacità dei soggetti affetti. Se si vuole fare un 'servizio' alla giustizia, in molti casi più che di separazione, l’istituto civilistico più adatto è quello dell’'amministrazione di sostegno' che offre ai giocatori un valido supporto nella capacità decisionale», e che può investire il coniuge del giocatore. Perché, come rileva Simeone, quasi mai viene messo in dubbio l’affetto verso il coniuge. E «quando è la famiglia a farsi carico del problema patologico – dichiara – muta radicalmente la visione delle cose, tutto appare rapportato alla risoluzione della patologia e a riscrivere le regole dello stare insieme». Repentinamente «cambiano le priorità di ogni membro del nucleo», si diventa più attenti «ai bisogni essenziali e meno consumisti. Registriamo un maggior equilibrio familiare, una maggiore capacità di rapportarsi agli altri, aumenta sia l’autostima sia la complicitàdi coppia».